Duomo di San Giovanni Battista

Casarsa della Delizia

La Chiesa Parrocchiale di San Giovanni, dedicata a San Giovanni Battista, è l’orgoglio dei sangiovannesi. Per volontà del parroco Don Francesco Franchi, fu costruita dall’impresa D’Aronco di Gemona a partire dalla fine dell’800, sulla perimetrazione ampliata di una chiesa precedente del secolo XIII, poi restaurata nel 1500. L’edificio attuale, che spicca per le sue dimensioni (altezza 27 metri, lunghezza 54 metri, larghezza  19 metri) ed è corredato da un campanile alto 56 metri, fu completato nel 1908. L’edificio fu eretto su progetto dell’architetto Federico Berchet e su disegni del giovane architetto Domenico Rupolo, che optò per lo stile neo-gotico.
Oltre alla maestosità architettonica, la Chiesa vanta anche molti tesori d’arte, con  interessanti testimonianze pittoriche, marmoree e lignee di artisti e artigiani locali del primo Novecento.  Sulla facciata, tripartita in lesene, sono notevoli, innanzitutto, il rosone e il grande portale dell’ingresso principale in rovere di Slavonia,  del peso di 14 quintali. E’ composto da sessanta riquadri a cornice, che riproducono in bassorilievo i dodici Apostoli, tra i quali sono riconoscibili S. Pietro con le chiavi e S. Giovanni Battista con i libri dei Vangeli e l’aquila ai piedi. Sopra il portale si ammira la lunetta raffigurante il rilievo del Battesimo di Cristo nelle acque del Giordano, realizzato dallo scultore Luigi de Paoli.
Di pregio è anche la porta laterale Sud, anch’essa in rovere massiccio. Realizzata dall’intagliatore Giovanni Costantini, è divisa in ventiquattro formelle in bassorilievo, incorniciate da corde intagliate. In ogni formella spiccano le figure di ventiquattro santi in atteggiamento ieratico, riconoscibili ciascuno per i simboli iconografici da cui sono identificati.
Nel vastissimo spazio interno, un’ampia navata sorretta da una serie di alti colonnati abbinati a coppie, che suddividono due navate laterali più piccole, conduce all’altare maggiore e al coro attraverso una scalinata.
Sulle pareti delle due navate laterali si innalzano quattro piccoli altari dedicati a San Lorenzo, alla Madonna del Rosario, a San Giovanni e alla Mater Domini. L’altare della Mater Domini o dell’Immacolata, scolpita in marmo di Carrara da Domenico Rupolo, rappresenta la Madonna Orante sotto un baldacchino a guglia gotica. L’altare e la statua di San Giovanni Battista, in marmo di Carrara, è invece opera degli scultori Possamai e Policronio Carletti, che raffigurarono il santo vestito di pelli nell’atto della predicazione.
Da notare anche, nel pulpito in legno di tiglio, il pannello frontale che rappresenta La Predicazione di Gesù dalla barca sul Lago di Genezaret, realizzata dallo scultore Giuseppe Scalambrin.
L’altare maggiore resta tuttavia l’opera più suggestiva dell’intero complesso, in un trionfo neogotico di marmi, statue, nicchie e  guglie. La nicchia centrale attira lo sguardo sul tabernacolo in argento dorato, opera dell’orafo veneziano Tamburlini. Di pregevole fattura risultano anche i due pannelli ai lati del tabernacolo, che rappresentano in bassorilievo  Il Sacrificio di Isacco, a destra, e L’offerta di Melchisedech, a sinistra, entrambi realizzati da Domenico Rupolo.
Sulle pareti del presbiterio sono appese sei tele, due delle quali rivelano la mano di importanti pittori del Cinquecento sanvitese. Si tratta della Decollazione di San Giovanni (1577) di Pomponio Amalteo e della Discesa dello Spirito Santo sulla Madonna e gli Apostoli  di Giuseppe Moretto.
Da rimarcare infine la volta dell’abside, dipinta dal maestro Tiburzio Donadon.

Le parole di Pasolini

San Giovanni: il genio dell'estate paesana

"Al di là della stazione, percorso il lungo e squallido viale dal linguaggio franco che unisce i due paesi, si entra in San Giovanni. Che allegrezza, se non sempre espressa, certo sempre sospesa nell'aria di San Giovanni! Che possibilità continua di incontri fortunati con compagnie propense ai più caldi e sgolati cameratismi! Ci sono certe sere d'estate in cui, dopo aver aver attraversato tre o quattro paesi in bicicletta,  accade di passare per San Giovanni e di sentirvi in tutta la sua serena estensione di luci, di canti a mezza voce, di rumori perduti nelle loro vibratili risonanze dentro un'atmosfera di polvere, di rugiada, il genio dell'estate paesana.  Non c'è borgo che possa paragonarsi a San Giovanni per freschezza di estro nel congegnare i gruppi di amici tra le ombre della grande piazza, nel popolare le strade,  nell'alzare gridi improvvisi da qualche orto perduto nel tepore, nell'evocare motivi di canzoni accennate da lontano da compagnie riunitesi al punto esatto perché la loro eco giunga nel paese carica di nostalgie senza rancore, come un disegno d'argento scintillante ai margini del  borgo. Del resto in ogni ora del giorno e in ogni stagione, non appena entrati in Colle, si respira un'aria di novità allegra e di disposizione alla rottura delle abitudini feriali: vi regna perenne la nostalgia della Domenica e la freschezza della vacanza. L'eco delle risate, delle sfide, dei pugni che battono la mora, non vi dilegua mai."


Nel brano, tratto dalla prosa I parlanti, Pasolini esprime la sua adesione all'allegria, umana e linguistica, che gli sembra caratterizzare la gioventù di San Giovanni, frazione di Casarsa.

Edizione consultata:

P.P.Pasolini, I parlanti, in Romanzi e racconti, a cura di W.Siti e S. De Laude, 2 voll., Mondadori, Milano, 1998 ["I Meridiani"], v. II, pp. 182-183.

Enorme chiesa in stile gotico

"Tutta la strada, dalle scuole alla piazza, era in subbuglio, e nessuno capiva quello che accadeva dall'altra parte. Gli operai era tre o quattro centinaia, ma anche gli agenti erano molti. La lotta era più accanita davanti al cancello di Malacart,  e da lì si propagava da tutte le parti.
Ma gli anziani cominciavano a disunirsi, limitandosi a scansare i poliziotti quando questi gli andavano addosso e li prendevano a spinte: li guardavano un  po' come i ragazzi guardano i grandi quando li rimproverano, chiudendosi in un'espressione tra circospetta e velenosa: facevano della loro umiliazione una specie di rinvio ad altri momenti più propizi , una minaccia repressa. Si allontanavano soli o a gruppi dal centro della lotta, piano, come perché la cosa avvenisse inavvertitamente: qualcuno riparava contro i muri delle case, altri si spingevano su, lungo le pareti a strapiombo dell'enorme chiesa in stile gotico costruita cinquant'anni prima, per la stradina che conduceva, appunto, tra la chiesa e la loggia, alla sagrestia, e al cinema dei preti: e da lì stavano a guardare quello che succedeva al centro della piazza, nel fango; altri ancora erano svoltati addirittura giù per  borgo Romans, allontanandosi qualche decina di metri dalla piazza."


Il brano, tratto dal romanzo Il sogno di una cosa, descrive il fallimento della rivolta contadina del 1948, repressa dalle forze dell'ordine e a poco a poco disertata dagli stessi partecipanti anziani.
Il quadro è ambientato nella piazza di San Giovanni, dominata dalla imponente mole del  Duomo in stile neogotico. I Malacart furono effettivamente dei proprietari terrieri, che però erano originari di San Vito e non risiedettero mai a San Giovanni. Pasolini, forse attirato dal colore nefasto del nome, li trasformò invece in abitanti del paese, immaginandoli residenti nel palazzo della famiglia Pitotti di San Giovanni, posto accanto alle Scuole elementari.

Edizione consultata:

P.P.Pasolini, Il sogno di una cosa, in Romanzi e racconti, a cura di W.Siti e S. De Laude, Mondadori, Milano, 1998 ["I Meridiani"], v. II, p. 103.